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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Non era Mafia. Ma non era certo neanche il paradiso

Le reazioni a caldo sui social, a mezzo stampa, in streaming video, sono le più disparate. Ma una in particolare fa specie: cantar vittoria perché nella sentenza di primo grado è caduta l’aggravante mafiosa. Come se si potesse esultare dinanzi ad una sentenza che assegna oltre 250 anni di galera spalmati su 43 imputati, in virtù di un diffuso sistema di corruzione e malaffare. Taluni si spingono addirittura a denunciare come il buon nome di Roma sia stato diffamato in giro per il mondo a causa della locuzione “Mafia Capitale”. Come se, a fronte di questo marcio sistema di mazzette, minacce e collusione, però senza l’aggravante mafiosa, la nomea della Capitale adesso possa essere riabilitata.

Coloro che oggi commentano con un certo rancoroso sentimento di rivalsa la mancata aggravante mafiosa, non possono già aver dimenticato che, all’indomani del 2 dicembre del 2014, c’erano esponenti politici che passavano intere giornate girando in lungo e in largo Roma in macchina, al solo scopo di non farsi trovare in casa dalle forze dell’ordine, temendo un possibile arresto. Così come, molti hanno trascorso questi ultimi due anni e mezzo in preda ad un continuo panico ad ogni intercettazione passata al setaccio dagli inquirenti. I loro nomi non sono comparsi. E se sono comparsi, gli inquirenti hanno ritenuto non esserci gli estremi per l’incriminazione. Ma molti sapevano. E altrettanti hanno taciuto. Che sia sentenziata o meno la mafiosità del tutto, poco importa. Il sistema era malato. Le scorie sono ancora in giro.

Fanno tenerezza, poi, coloro che commentano come, in conseguenza della balla di “Mafia Capitale”, il Centrosinistra romano abbia ingiustamente subito prima le dimissioni di Ignazio Marino, poi la vittoria del Movimento 5 Stelle. Chi afferma ciò dimostra o di essere in malafede, oppure di avere una conoscenza molto superficiale di ciò che è successo a Roma. Marino è stato “dismesso” per incapacità ed inagibilità politica e per evidenti limiti soggettivi. Roma non era amministrata bene. Nulla a che vedere con lo sfacelo del primo anno della Giunta Raggi, ma l’amministrazione di Ignazio Marino non stava certo brillando.  Il Centrosinistra stava già perdendo consenso alla vigilia dell’inchiesta Mafia Capitale. Il Movimento 5 Stelle ha stravinto a Roma a causa dell’incapacità di Marino di fare bene il sindaco e in virtù della corruzione dilagante, finita giustamente in pubblica piazza sui media internazionali, nazionali e cittadini, dopo che la Procura aveva dato il via ai primi arresti. Così come, è stato sacrosanto il commissariamento di Roma, al pari di quello del Partito Democratico, con buona pace di alcuni militanti ed attivisti democratici che negli ultimi due anni e mezzo hanno menato forte sul Commissario Matteo Orfini.

In un post, su questo stesso blog ( era il dicembre 2014), ho definito in tempi non sospetti “Mafia Capitale” come la “Mafia de Noantri”. Ma non per questo mi sono mai sognato di sottostimare la pena, la miseria umana, lo scoramento civile, il fallimento politico e l’imbarbarimento della coscienza collettiva derivanti dal sistema di corruzione dilagante e pervasivo che il sistema Buzzi-Carminati, con tutti i loro vassalli e valvassori, ha inflitto ai cittadini di Roma.  

Qualcuno potrà anche gioire, “Non è Mafia!”. Ma ciò non servirà poi a molto. Che sia Mafia o meno, Roma e i romani hanno pagato un prezzo altissimo a causa di tutti coloro che chiedevano posti di lavoro a Salvatore Buzzi, intercedevano per conto di Massimo Carminati, smistavano appalti, ritiravano mazzette, perpetravano il malaffare.

Non era Mafia. Ma non era certo neanche il paradiso.

Non era Mafia. Ma non era certo neanche il paradiso

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