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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cose da Pazzi

Cose da Pazzi

A cura di Enrico Pazzi

Ignazio Marino alla Festa dell'Unità: i cazzotti fanno male

La Festa dell’Unità del Parco della Valli regala a Ignazio Marino un’uscita onorevole. Il sindaco sale sul palco come un pugile suonato intento a difendere il titolo di campione contro un avversario molto più forte di lui: il suo stesso partito. Quel Pd che, per voce prima di Matteo Renzi, poi del ministro Maria Elena Boschi, ne mette in discussione la leadership. A quei pochi giornalisti che provano a fargli domande sull’attualità contingente, Marino mostra un sorriso forzato. Non risponde. “Improta e Scozzese si dimettono?”. Silenzio. “Si sente sfiduciato da Matteo Renzi?”.

Silenzio seguito da sfuggente sorriso. Caricato a molla dal suo staff della comunicazione, sembra un automa che, scalino dopo scalino, agita le mani in segno di saluto verso le prime tre file, nelle quali sono assiepati i suoi supporter del gruppo Facebook “Io sto con Marino”. Un supporto virtuale. Per quasi tutto il discorso, gli applausi gli arriveranno solo da quelle prime tre fila di sedie di fedeli sostenitori. Non più di un centinaio.  Il resto della platea gli tributerà un applauso finale. Come si fa nei confronti di chi viene sconfitto con onore. Di fatti, Marino sta cercando di non perdere per knockout, ma perlomeno ai punti.

A bordo ring, appoggiato alla balaustra del palco alla sinistra di Marino, c’è il presidente del Partito Democratico e commissario del Pd Roma Matteo Orfini. Applaude a testa bassa ad ogni accenno concitato di Marino. Orfini ha un sorriso malinconico, come si addice ad un allenatore che guarda con tenerezza il proprio pugile battersi con coraggio, mentre prende tanti ma tanti cazzotti in piena faccia. Orfini sembra sempre lì lì per gettare la spugna. Ma non lo fa solo perché il suo campione gli ha chiesto di non farlo. Accanto ad Orfini c’è Fabrizio Panecaldo, capogruppo del Pd al Comune di Roma. A lui Marino tributerà un ringraziamento, ma pare che oramai tutto avvenga fuori tempo massimo. Pare che un po’ tutti si guardino in faccia con l’espressione di chi pensa “Peccato, poteva andare meglio”. Ad un certo punto, Marino annuncia che tra il pubblico c’è l’assessora Silvia Scozzese, data dai giornali prossima alle dimissioni. Pochi ne conoscono le fattezze. Qualcuno si aspetta che da un momento all’altro possa salire sul palco accanto a Marino per un abbraccio liberatorio e chiarificatore. Nulla di tutto ciò. La Scozzese rimane nell’ombra.

Il pubblico c’è ed è una marea placida. S’infiamma quando Marino accenna a quella destra di Alemanno che ha portato Roma allo sfascio, “Tornino dalle fogne da dove sono venuti invece di dare lezioni di democrazia e rigore a noi”. Un frasario tipico di quegli anni di piombo quando, proprio a Montesacro, come in altri quartieri di Roma, i fascisti e i comunisti si affrontavano a pistolettate e a martellate. E difatti, nello stesso Parco della Valli c’è il viale dedicato a Valerio Verbano. Lo volle Walter Veltroni, quando inaugurò la stagione della pacificazione tra i reduci delle opposte fazioni. Così come quando Marino fa accenno alla telefonata di Alemanno che voleva raccomandargli due uomini per un consiglio di amministrazione di una municipalizzata. Fa riferimento al Pd consociativista che, in accordo con il centrodestra cittadino, si spartiva la torta delle nomine. E puoi tuona che quel Pd adesso è cambiato, non c’è più. Mentre tra la folla presente c’è qualcuno di quei circoli “cattivi” certificati da Fabrizio Barca. La metà dei circoli cittadini. E di fatti, l’atmosfera non è delle migliori. E non si comprende bene se quello stesso Pd consociativista non sia poi lo stesso che lo ha portato, appena due anni fa, ad essere eletto sindaco di Roma. Sì è lo stesso e quindi i conti non tornano nella narrazione di Marino.

Lo staff della comunicazione si limita a far scorrere diligentemente le 16 slide. Il confronto con le slide di Matteo Renzi, confezionate dalla società di comunicazione Proforma, è impari. Le slide di Marino sono delle tristi scritte bianche su fondo rosso. Proiettate sbilenche su uno schermo minuscolo. Ma la cosa che colpisce è che Marino tiene un discorso elettorale, solo che sono passati due anni buoni dalla sua elezione. Marino snocciola le cose fatte, peccato però che proprio al Parco delle Valli, che ospita la Festa dell’Unità, fino a pochi mesi fa c’erano insediamenti abusivi di Rom, per non parlare della misera illuminazione e la scarsa manutenzione del verde. Ma lui rilancia e recita una lunga litania di cose che saranno fatte. E qui più di qualcuno dice a quello accanto, “Ma scusa, perché non le ha fatte sino ad ora?”. Domanda legittima. E la risposta è bella che pronta: non è stato fatto sino ad ora perché a Roma c’era il malaffare. Sicché, per dare credito alla narrazione di Marino, è sufficiente credere che il malaffare a Roma sia magicamente scomparso. Insomma, un atto di fede.

Alla fine Marino ripete ciò che ha detto in altre interviste qualche giorno prima, “Se dopo il 2023 dovessi scrivere un libro su quello che ho visto, dovrei iniziare con la frase del film che dice ‘Ho visto cose che voi umani non avete visto mai'”, citando la celebre frase del soliloquio di Rutger Hauer in “Blade Runner”. Qualcuno gli ricorda che il droide di Blade Runner, dopo aver proferito queste parole, poi muore. Qualcun altro, sommessamente, ripete la celebre frase che Vittorio Gassman, nei panni dell’ex pugile Artemio Antinori, diceva ad Ugo Tognazzi, “I cazzotti fanno male…”.

Ignazio Marino alla Festa dell'Unità: i cazzotti fanno male

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