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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Abitare Roma: le parole per dirlo

Abitare Roma: le parole per dirlo

A cura di Antonello Sotgia

A qualcuno piace Caudo? L’urbanistica non è una partita di pallone

Questo blog, tra qualche giorno, compirà il suo primo anno trascorso ad interrogarsi sull’abitare e a ricercare le parole per dirlo. Nel raccontare la città  non tutte le parole  vanno bene. Servono quelle che sono in grado di  cogliere l’“imprevedibilità”propria ad ogni progetto. Il suo essere “altro” da quello che c’è.

Le parole che ci raccontano come si è arrivati a pensare ad intervenire, a  cambiare l’esistente. Sia esso artificiale (il costruito) che naturale (il suolo per esempio). Quelle, che giorno dopo giorno, siano in grado di farsi più spesse. Capaci di contenere progetti ed emozioni, visioni e ricordi, sensazioni, illusioni……

Poi ci sono le “altre”. Parole che  sembrano appartenere a  quell’ alfabeto scompigliato proprio di chi crede ineluttabile che ogni cambiamento in città debba avvenire esclusivamente facendo i conti con la sola sua “sostenibilità” economica, ovvero il profitto di chi lo propone.

In questo Roma non è certo una città silenziosa e sono molte le parole che si rincorrono sul tema della trasformazione urbana. Alcune volte queste prendono, con il sindaco Marino, l’enfasi del proclama. Al suo assessore Giovanni Caudo spetterebbe il compito di spiegarci il perché e come avverrà quanto proposto.

In urbanistica spiegare è un verbo maledettamente complesso. La disciplina, infatti, è un po’ complicata. Per l’imponente mole di  molte delle leggi che si porta con sé e con l’altrettanta possente mole di possibilità di derogare, ormai diventata più o meno “legge nazionale”.

Quando poi la trasformazione colpisce l’abitare dei più  la spiegazione dovrebbe essere capace prima di tutto di essere preceduta da una politica di “ascolto”. Proprio di quelli che, abitando la città,  materialmente producono quelle trasformazioni. Loro le vorrebbero vedere realizzate. Spesso (sempre?) questo non accade.

Quando la frattura, tra ciò che si vorrebbe vedere e quello che si vede che si sta realizzando, si acuisce a prendere parola dovrebbe essere la politica. Che non dovrebbe temere il conflitto né avere paura quando avviene. Ci  fu un vero corpo a corpo con il Sindaco Veltroni in occasione dell’adozione del Piano Regolatore tanto che l’architetto principe di quello strumento ritirò la firma, dopo averlo visto praticamente “emendato” dai movimenti.

Non durò molto e alla fine quel piano fu reso, se così si può dire, ancora  peggiore dai partiti della maggioranza veltroniana che, dopo cinque anni (2008), hanno consegnato, con i movimenti “manganellati” nella piazza del Campidoglio, un PRG che Roma non merita e che l’attuale Sindaco ha dimostrato di non voler toccare. Ad iniziare dal non intervenire sui  buchi esistenti, rappresentati dall’intervento “diretto” (costruire senza ricorrere ad una definizione d’insieme) nelle aree all’interno del costruito storico.  A San Lorenzo, la pioggia di interventi diretti,  ha scatenato una pericolosissima deriva immobiliare.

Ora all’assessore Caudo tocca il compito di venire a spiegare il perché di alcuni progetti, che da qualche tempo sembrano affacciarsi sotto il cielo di Roma. Progetti che o non sono nel PRG (lo Stadio a Tor di Valle) o che vogliono interpretare i “buchi” del PRG, secondo programmi tutti studiati dai proponenti che, come nel caso del citato  storico e popolare quartiere di San Lorenzo, trovano la feroce opposizione di chi lì abita, vive e intende progettare il proprio futuro. A partire dal richiedere una serie di servizi di cui, da sempre è privato.

Ancora una questione di parole.

Quelle di Caudo. Espresse in un paio di recenti occasioni proprio a San Lorenzo, alzando la voce, ricordano l’adagio del grande allenatore  serbo Vujadin Boskov. Per lui “rigore è quando arbitro dà, non quando guardalinee dà”. Per l’assessore “il progetto c’è quando i suoi elaborati sono al protocollo all’Eur” . I cittadini, aggiunge, “non debbono credere a quello che dicono i giornali”.

Qui sta il punto. Perché poi quando i progetti sono protocollati allora … “ e’ tutto a posto, tutto secondo il Piano, non si può fare  più nulla “.  Ancora parole.

Occorrerebbe, a questo punto, forse fare  chiarezza. I giornali riferiscono di quello che succede intorno gli uffici, anche accogliendo le proposte promozionali  dei proponenti. Ci raccontano i vari passaggi e il perché. Gli amministratori rilasciano interviste.  Caudo ne rilascia. Tutto questo ci aiuta a capire di che cosa si parla. I cittadini ne discutono, perché pensano che l’abitare sia un patrimonio collettivo e come tale lo vogliono difendere. e migliorare.
    
Presentare  ai cittadini i progetti quando ormai tutto è stato deciso da chi li propone, dopo che questi si  è fatto i suoi calcoli, ha ipotizzato i propri guadagni non è partecipazione. E’ registrazione  “notarile” di quello che sta accadendo.  Sono i proponenti a fare la partita. Riuscire a strappare qualche cosa con gli oneri concessori  non è neppure un pareggio, è limitare la sconfitta. Si apre lo spettro dell’inevitabile retrocessione. 

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