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A Roma dopo viaggio della speranza: Zahid salvato dalla strada torna in Pakistan con l'aiuto dei romani

L'iniziativa di un gruppo di comitati nel rione Esquilino, e la rete di solidarietà che ha permesso al giovane pakistano di riabbracciare i familiari lontani

Il 6 novembre farà 26 anni e potrà festeggiarli, finalmente, a casa. Zahid è rientrato in Pakistan con un volo da Milano il 23 agosto. È (anzi, era) il senza tetto che la scorsa primavera ha smosso il quartiere Esquilino, con sette comitati rionali che hanno diffuso per il suo caso una lettera appello, forti di centinaia di firme raccolte nella zona. Una prima mano tesa verso quel ragazzo esile, quasi morente, scosso solo da tic e spasmi su un marciapiede pieno di immondizia di piazza Vittorio, che a stento ricordava il suo nome.

La storia è di quelle a lieto fine e lui, ora lo sappiamo, si chiama Zahid. In quattro mesi, con l'aiuto di medici, specialisti, connazionali, dipendenti pubblici, pezzo dopo pezzo, c'è chi, caparbio e appassionato, gli ha restituito un'identità. Dopo l'appello del quartiere lo ha preso in carico la Sala Operativa Sociale del Comune di Roma insieme al Nae, Nucleo assistenza emarginati della Polizia locale. Ricoverato una settimana sotto choc al dipartimento Salute mentale dell'ospedale Santo Spirito, ha trovato un tetto dalle suore missionarie della Carità al Celio, ma ci sono voluti giorni prima che tornasse a parlare. Quando lo ha fatto, grazie all'aiuto di mediatori culturali, si è scoperta la provenienza, il Pakistan. Da qui gli immediati contatti con ambasciata e consolato. 

"Sono stati molto disponibili, siamo riusciti a metterlo in contatto con la famiglia" racconta Gennaro Berger, membro di Esquilino Vivo, tra i comitati dell'appello di maggio. E proprio dalla famiglia è arrivato un primo piccolo sostegno economico che ha permesso a Zahid di acquistare un telefonino. Per contattare mamma e papà o distrarsi con un po' di musica, come ha fatto per tutta l'estate. Parlando e raccontandosi, dettaglio dopo dettaglio, fino a tirare fuori il suo desiderio più grande: tornare a casa. 

"Abbiamo cercato una formula, non è stato semplice" spiega ancora Berger. Vani i primi tentativi tramite l'Oim (l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) o con forme di rimpatrio assistito gestite dallo Stato. Il rientro in Pakistan di Zahid è stato pagato dalla sua ambasciata, che ha messo i soldi per il biglietto aereo. E dai cittadini dei comitati che hanno pagato il treno per Milano. Cosa faceva in Italia?

Secondo quanto ricostruito da chi ne ha seguito per mesi il percorso, è partito dal Paese due anni fa con un gruppo di connazionali amici, sbarcato in Grecia, e poiin Calabria dove si è ritrovato solo e dove è rimasto per mesi, girovagando, nei dintorni di Catanzaro. "Abbiamo capito che ha subito vessazioni e violenze" racconta chi è stato al suo fianco ma preferisce oggi non entrare nei dettagli, per non violarne l'intimità. L'importante, stavolta, è solo il finale. "Vogliamo ringraziare tutti quelli che hanno dato una mano, dalla sala operativa sociale alle sorelle del Celio" sottolineano i comitati. Ricordando però che una bella storia non basta. "Per uno Zahid che torna a casa ce ne sono tanti che restano sul marciapiede". Perché il problema dei senza tetto, nella Capitale, è reale e sottostimato. "Ci sono persone preparate nella macchina dell'accoglienza, però non sono abbastanza". 

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