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La lenta ripartenza di bar e ristoranti, 4 su 5 restano chiusi: "Non conviene, pochi clienti e troppe spese"

Com'è andato il primo giorno della fase 2. Le testimonianze dei titolari, di chi ha scelto la ripresa tra take away e consegne, con pessimi bilanci, e di chi ha preferito non alzare le saracinesche

"No che non riapro. Non mi conviene, non ho i soldi per fare la spesa, per sanificare, per mettere tutto in regola e garantire lo stipendio ai dipendenti. Tante delle nostre richieste, la liquidità a fondo perduto, il blocco delle cartelle non sono state recepite. Senza tutele non si può ricominciare". Roberta Pepi gestisce il ristorante Robertino di via Panisperna, a rione Monti. Per il suo locale la fase 2 non è ancora partita. Take away e consegne a domicilio non sono convenienti, considerando le mancate entrate nei due mesi di lockdown e le garanzie economiche ancora incerte per gestori e lavoratori. Un discorso che vale per quattro locali su cinque, tra bar e ristoranti della Capitale, secondo stime della Fiepet Confesercenti di Roma.  

"Il primo giorno di ripartenza è stato inferiore alle aspettative, la ripresa procede a ritmi lenti" commenta a RomaToday Claudio Pica, presidente dell'associazione di categoria. "Ha riaperto il 20% delle attività circa, con un lieve incremento di incassi soprattutto nelle periferie e per le piccole imprese familiari". Già, difficile vedere un bar aperto in via Veneto. Il Centro storico, ancora deserto o quasi nonostante la parziale ripartenza, sconta l'assenza di turisti e lavoratori, con uffici e ministeri ancora in buona parte in regime di smart working, e gli alti costi di gestione dei locali.  

"Abbiamo provato e almeno per il primo giorno è andata male. Siamo riusciti a fare 8, 10 consegne per quanto riguarda i pasti, un po' di pizze e supplì, meglio forse per la caffetteria" racconta Federico Rossi, titolare del Caffè Martini, storico bar del Centro con affaccio sul Colosseo. Da giorni si preparavano con sanificazioni dei locali e dotazioni di tutti i dispositivi di prevenzione, tra guanti e mascherine per i dipendenti e i distributori di gel igienizzante. 

Di tredici impiegati in cassa integrazione tre sono stati richiamati a lavoro. Un pessimo bilancio per il primo giorno con un cinquantesimo degli scontrini emessi normalmente. Non proprio una sorpresa. "Abbiamo più locali, il tentativo è stato fatto solo su uno, consapevoli di andare un po' al massacro". Un test anche per capire come mettere in campo le necessarie misure di sicurezza, costate tra i 500 e i 1000 euro. 

Non tutti però hanno fatto in tempo a organizzarsi. "Molti non sono riusciti a effettuare le sanificazioni tramite aziende esterne - spiega Pica - oppure hanno avuto problemi e ritardi con l'approvvigionamento delle materie prime". Una corsa contro il tempo nel disperato tentativo di riaprire le saracinesche e ritrovare una nuova, seppur zoppicante, normalità. 

"Proviamo a reinventarci, che le posso dire, il primo giorno è stato un disastro. Abbiamo incassato 52 euro". Anche Francesco Testa, gestore dello storico ristorante Checco dello Scapicollo alla Cecchignola, commenta la partenza della fase 2. "Abbiamo faticato tanto per riordinare i locali e metterli in sicurezza, o anche per dire per riadattare i menù. Tanti piatti non vanno bene per l'asporto, arrivano a casa e non hanno niente a che vedere con gli stessi cucinati e mangiati qui". 

E i numeri per ora almeno sono impietosi. Ieri due consegne e un piatto di pasta preso sul posto dal meccanico vicino. "Il delivery lo facciamo noi, in famiglia, non abbiamo le risorse per affidarci a una piattaforma esterna, forse se il quadro migliora lo faremo più avanti". La speranza è di ingranare in questa nuova forma, anche contando sulla ripresa degli uffici specie dove le mense aziendali rimarranno ancora chiuse. È tanta l'amarezza e poca la fiducia in un ritorno all'ordinario: "Non credo che riprenderemo a giugno con il servizio normale, se i protocolli di sicurezza saranno stringenti per noi sarà impossibile. Questo è un ristorante, come facciamo per dire a non portare il piatto al tavolo, o a riempirlo di barriere in plexiglass? Forse se ne riparlerà a settembre". 


 

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