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Sabato, 27 Aprile 2024
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La storia di Linda Moberg, sopravvissuta alle violenze dell'ex marito: "Aveva paura di denunciare"

L'uomo è stato condannato in primo grado a tre anni a due mesi di carcere. L’avvocato Santaiti: “Bisogna denunciare già alla prima violenza”

Entrato in vigore dal 1° ottobre, il "codice rosso rafforzato" sarebbe stato determinante nel corso del suo processo e, magari, avrebbe riscritto qualche capitolo della sua storia passata e recente. Venti anni di violenze senza mai denunciare. La paura di perdere tutto e la volontà di tutelare i suoi figli l’avevano spinta a non dire niente di quello che accadeva dentro le mura domestiche. Neanche dopo l’ultimo, brutale pestaggio del maggio 2019 Linda Moberg, donna di origini svedesi ma residente in Italia ormai da decenni, aveva pensato fosse giusto denunciare quello che oggi è il suo ex marito. Segnalazione, però, che è partita direttamente dall’ospedale visto che, per le percosse subite, i medici avevano previsto una prognosi superiore ai venti giorni. L’ex marito, il 12 settembre, è stato condannato a 3 anni e 2 mesi di reclusione in primo grado, con cinque anni di interdizione dai pubblici uffici. Rimane, però, a piede libero, una situazione che ha indignato tante persone che, tra l’altro, avrebbero voluto una condanna anche più pesante.

Il pestaggio del 2019

Linda Moberg subiva violenze da più di 20 anni ma non riusciva a denunciare suo marito col quale condivideva anche la gestione di un rinomato ristorante sull’Appia Antica. Tutto cambia, però, a maggio del 2019, pochi mesi prima dell’entrata in vigore della legge sul codice rosso, dettaglio che sarà importante più avanti. Linda viene letteralmente massacrata di botte con un bastone e lasciata a terra in una pozza di sangue. A trovarla suo figlio Riccardo, ai tempi minorenne, il quale aveva poco prima allontanato il suo fratellino minore Timothy, per non fargli assistere all’ennesimo litigio violento tra i genitori.

Corsa in ospedale

Mentre il papà fumava una sigaretta in balcone, Riccardo chiamava il 118 che veniva a prendere Linda. Come anticipato, neanche dopo questa brutale violenza la donna si era convinta a denunciare. Le ferite, però, erano talmente gravi che venne fatta una prognosi superiori ai 20 giorni. Così, la segnalazione e la denuncia alle autorità sono scattate in automatico.

Codice rosso

Come detto, in molti si sono chiesti perché la pena inflitta non sia stata superiore ai tre anni e due mesi. A spiegarlo a RomaToday è Massimiliano Santaiti, legale di Linda Moberg: “La denuncia è arrivata due mesi prima dell’entrata in vigore della norma sul “codice rosso” – spiega l’avvocato – la condanna, altrimenti, sarebbe stata più alta. Nel nostro caso, si andava da 1 a 5 anni per violenza domestica. La procura aveva chiesto due anni e sei mesi e alla fine il giudice ha inflitto una pena anche maggiore, evento comunque molto raro”. Col codice rosso le pene sono state inasprite, da 3 a 7 anni.

Violenze in presenza di minori

Un altro fatto che ha reso la pena meno pesante è stato l’atteggiamento, comunque responsabile, del figlio Riccardo, tra l’altro costituitosi parte civile nel processo contro il papà: “Col codice rosso si inaspriscono le pene quando le violenze si svolgono davanti ai minori. In quel caso la competenza va a finire direttamente ai collegi”. Alla fine, l’ex marito di Linda è stato condannato a 3 anni e 2 mesi. Tra 90 giorni circa verranno rese pubbliche le motivazioni e, probabilmente, la difesa ricorrerà in appello.

Custodia cautelare

Ha suscitato indignazione il fatto che l’ex marito di Linda non sia in custodia cautelare in carcere. “Lui si è allontanato dall’abitazione di famiglia. Inoltre – racconta Santaiti – i genitori di Linda sono venuti dalla Svezia ed hanno preso un’altra casa dove portarla a vivere. Quindi, visto che si era allontanato e non c’era emergenza in merito ad una possibile reiterazione del reato non è stata disposta nessuna misura cautelare restrittiva”.

Denunciare le violenze

Linda ha subito violenze per anni. Per paura non è mai riuscita a denunciare. Oggi, invece, si pente di non averlo fatto prima. “Bisogna denunciare già alla prima violenza” ricorda, ancora, l’avvocato Santaiti il quale, nella sua carriera, si è occupato di diversi casi di femminicidi e violenze contro le donne. A lanciare questo messaggio ci sta pensando anche il figlio di Linda, Riccardo: “Oggi si pente e parla agli studenti, avvertendoli di non comportarsi come lui. Crescendo in un ambiente del genere, dove tutto dipendeva da come si svegliava la mattina il papà, Riccardo non riusciva a denunciare soprattutto per vergogna. Oggi dice ai ragazzi di non fare come lui e mi unisco al suo appello. Se vedete che i vostri genitori si picchiano denunciate, salverete così sia vostra madre che vostro padre”. “La denuncia dei figli può aiutare (paradossalmente) tanto il padre che la madre – ripete sempre Riccardo - il primo dal commettere il reato e rovinarsi per sempre e la seconda da una fine tragica”.

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