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Sfratti: storia di Armando, diventato senza casa a 79 anni

Unione Inquilini: "Chiediamo che il Comune si faccia carico di trovare una soluzione"

Armando, 79 anni, è seduto sul letto dell’ospedale San Giovanni e mangia un piatto di gnocchi al sugo. “Mi piacerebbe uscire, prendermi un panino o un hamburger”. Per lui, azioni che fino a un mese fa erano normali non lo sono più. “Sono vecchio, ma ho ancora voglia di vivere. Eppure, mi trattano come se fossi già morto”. Non si riferisce ai medici. Armando, il 24 aprile scorso, è stato sfrattato dalla casa dove ha abitato per oltre dieci anni. Da quel momento, prima del ricovero in ospedale, ha vissuto per tre settimane al dormitorio per senza tetto di via Marsala, Binario 95. “La mattina devi lasciare il letto e puoi tornarci solo la sera. Ho passato intere giornate seduto su una sedia, ad aspettare almeno l’ora di accensione della televisione”. 

L’appartaento dove Armando ha vissuto fino al 24 aprile è in via Carlo Pascal, in zona Valle Aurelia, di proprietà di Enasarco, l’ente di assistenza degli agenti di commercio. Il contratto risale al 1997. “Era intestato a mio padre. Poi è subentrato mio fratello. Infine, quando anche lui è morto, sono rimasto io. Su quella casa pendeva una morosità molto alta, accumulata in precedenza, che non sono mai riuscito a sanare”. Armando percepisce 640 euro di pensione al mese. Non abbastanza per poter pagare un affitto a canoni di mercato. “Ma mi piacerebbe poter avere un appartamento con un affitto accessibile”. Alla fine del 2017 arriva la sentenza di sfratto: il tribunale fissa il rilascio dell’appartamento per il 3 gennaio del 2018. Non verrà eseguito subito. La forza pubblica busserà alla sua porta un anno e cinque mesi dopo. 

Armando da circa tre anni è seguito dai servizi sociali del Comune di Roma. Dall’assessorato alle Politiche Sociali, fanno sapere che prima dello sfratto gli è stato offerto un posto letto in una casa di riposo gestita dalle suore di Madre Teresa di Calcutta. Ma lui ha rifiutato. La Sala operativa sociale, nata con lo scopo di affrontare le emergenze di carattere sociale che si verificano sul territorio cittadino, continuerà a seguirlo, assicurano. Armando spiega: “Non era adatta alle mie esigenze. Gli orari sono troppo rigidi e non è servita dai mezzi pubblici. Dal momento che faccio fatica a camminare non mi sarei più potuto muovere. Sarei stato prigioniero”. 

Armando guarda fuori dalla finestra. C’è un temporale. È stato un mese con tanta pioggia per le strade di Roma, il suo primo mese da senza casa. Sforza la memoria per raccontare il percorso della vita che lo ha portato fin lì: il primo matrimonio, la convivenza con un’altra donna negli Stati Uniti, il tentativo di aprire un’attività in California. “Ma alla fine non ho avuto fortuna”. Poi il ritorno in Italia, dove “è andato a vivere con i genitori”. Pronuncia queste parole, ma la sua mente resta immersa ancora un po’ nel suo passato. Sorride. “Mi piaceva la mia vita”.

Prova a ricordare, alcuni particolari relativi a un passato molto lontano affiorano nitidi, altre parti di racconto, invece, sono più sfumate. “Me lo ha detto anche uno specialista: ho dei vuoti di memoria. A volte scendo alla fermata sbagliata del bus, altre dimentico di prendere le pastiglie. Cose così. Quel dottore ha scritto su un foglio che non posso vivere da solo. Infatti, quando abitavo nell’appartamento di via Pascal, un’assistente veniva due volte a settimana a casa mia, controllava che prendessi tutte le medicine, mi portava a fare le visite programmate. Poi è arrivato lo sfratto. E con la residenza ho perso anche l’assistenza. Ti rendi conto? I dottori scrivono che non posso vivere da solo perché mi dimentico le cose, mi assegnano un’assistente, mi seguono i servizi sociali, e quando perdo casa finisco a vivere in un centro per senza tetto”. 

Armando aspetta di capire dove finirà. “Se esco dall’ospedale non so dove andare, anche se anche adesso mi sento un po’ in gabbia. Avrei voglia di uscire, di andare a fare la spesa, comprare le cose che mi piacciono. Ma questo è un ospedale e non si può”. Proprio mentre lo intervistiamo scopriamo che verrà dimesso entro pochi giorni e che l’ospedale sta cercando un centro di lunga degenza dove trasferirlo. “Speriamo”, afferma senza troppa convinzione. 

Dal cassetto tira fuori la tessera di Unione Inquilini. “L’ho fatta circa un mese fa. Mi sono rivolto a loro per avanzare domanda di una casa popolare”. Lo sfratto e l’invalidità all’80 per cento, spiegano dal sindacato, gli fa raggiungere i 58 punti. La casa, ipotizzano, potrebbe arrivare già entro la primavera dell’anno prossimo. Un tempo breve se rapportato agli anni che mediamente sono necessari ad una famiglia per ottenere una casa popolare. Ma lunghissimo se si pensa che Armando, 79 anni, invalido all’80 per cento e con i vuoti di memoria, da un mese è senza casa.

“Ora che ti ho raccontato la mia storia vorrei che scrivessi un’altra cosa. Non mi hanno dato la pensione di cittadinanza di Salvini e Di Maio. Un’ingiustizia. Prendo 640 euro al mese, loro fissano il tetto a 780. Ma la differenza non me la danno perché l’Inps sostiene che l’anno precedente ho accumulato un reddito superiore. Ora non ricordo bene la cifra. Quei cento euro in più al mese sarebbero stati molto importanti per me. Vorrei poter pagare un affitto, tornare a vivere in una casa”. Se potesse parlare direttamente con la sindaca Virginia Raggi cosa le direbbe? “La situazione in cui mi sono ritrovato non mi permette di vivere gli ultimi anni della mia vita in tranquillità. Troppi regolamenti e restrizioni nei luoghi per senza tetto. Senza contare che i pasti sono pessimi. Volevo un secondo e la frutta, ma non c’erano. Le leggi vanno rispettate, ma chi rispetta me?”. 

A seguire il caso il sindacato Unione Inquilini. “Pensiamo che sia fondamentale offrire ad Armando una soluzione stabile e adeguata ai suoi problemi fisici dovuti all’età”, il commento del segretario romano Fabrizio Ragucci. “Chiediamo che la Asl e il Comune di Roma si facciano carico di trovare una soluzione, in una delle case di riposo convenzionate con il Comune, che dovrebbero essere offerte in questi casi. Ci auspichiamo, inoltre, che i 58 punti di cui ha diritto gli vengano riconosciuti senza troppi intoppi e che possa ottenere una casa popolare entro pochi mesi. Continueremo a seguire Armando. Siamo il suo unico sostegno, dal momento che è stato abbandonato sia dai servizi sociali sia da altri soggetti che avrebbero dovuto aiutarlo”.

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